06 + Diario di Viaggio Elba
Una sorpresa speciale
Dopo l’atterraggio a Marina di Campo spendiamo più tempo del previsto per sistemare le ultime formalità. Documenti da firmare, dettagli sulla sosta del Cessna… il protocollo viene prima di tutto. Solo dopo possiamo finalmente lasciare l’aeroporto e recuperare un’auto a noleggio.
Mentre ci avviamo all’uscita, un piccolo dettaglio cattura la mia attenzione: un cartello al chiosco delle informazioni turistiche.
Cena storica alla Fortezza Falcone – piatti napoleonici, racconti teatralizzati.
L’idea mi affascina all’istante. Controllo rapidamente, ci sono ancora posti disponibili. Non ci penso due volte: prenoto per tutti e tre. Un’occasione del genere non si trova tutti i giorni e, senza volerlo, ho appena aggiunto un tocco speciale a questa nuova visita sull’Elba.
Nonostante l’entusiasmo, la stanchezza si fa sentire. È ancora mattina presto, ma le giornate di viaggio hanno lasciato il segno. Decidiamo di concederci una pausa nella casetta che abbiamo affittato a Procchio prima di ripartire alla scoperta dell’isola.
Arrivati, troviamo una sorpresa inaspettata: una terrazza che si apre su una vista mozzafiato del mare. Non ci avevo fatto caso al momento della prenotazione, ma ci è subito chiaro che non potevamo capitare in un posto migliore.
«Questa casetta è meravigliosa!» esclamo, avvicinandomi alla ringhiera per assaporare la vista.
Veronika si guarda intorno soddisfatta. «Perfetta per rilassarsi un po’ prima della serata, hai scelto bene.» Poi, con un sorriso leggermente imbarazzato, aggiunge: «Ti dispiace se mi prendo un po’ di tempo per me? Ho davvero bisogno di uno shampoo fatto bene e di una sistemata generale. Ieri, a casa della signora Marina, non sono riuscita a sistemarmi come volevo.»
Le sorrido, capendo perfettamente il suo bisogno di sentirsi al meglio.
«Prenditi tutto il tempo che ti serve. Io resto qui a godermi la terrazza. Ho bisogno di riposare un po’ anche io.»
La osservo mentre si allontana, poi mi accomodo su una poltroncina di vimini. La brezza marina, il suono delle onde che si infrangono sulla riva, il tepore del sole del mattino. Mi lascio avvolgere da questa calma perfetta.
Skippy, con la sua solita capacità di cogliere il momento giusto per rilassarsi, si acciambella sulla poltroncina accanto a me e si addormenta quasi subito. Anche lei, evidentemente, ha accumulato un bel po’ di stanchezza.
Questo è esattamente ciò di cui avevamo tutti bisogno.
Ogni viaggio, anche il più breve, è l’occasione per fermarsi, riflettere e prepararsi al nuovo capitolo che ci attende. A volte è nella quiete che troviamo la vera ricchezza del viaggio

Una Lezione di Carlo
Mi sto rilassando, ma la testa mi si riempie di pensieri. Prendo il telefono e decido di chiamare Carlo.
Dopo qualche squillo, la sua voce squillante arriva dall’altro capo con la consueta energia.
Parliamo qualche minuto di cose leggere: dove siamo, le prossime tappe, piccoli dettagli di viaggio. Gli racconto di Skippy, che in questo momento dorme acciambellata accanto a me. Di Veronika, che si è presa un momento per sé, un piccolo rituale per tornare a sentirsi splendente.
È una conversazione tranquilla eppure, sotto la superficie, c’è qualcos’altro. Lo sento io, lo sente Carlo. Alla fine, con un respiro profondo, lo dico.
«Carlo… avrei voluto chiamarti prima. È successa una cosa, ma ho preferito lasciarla sedimentare un po’ prima di disturbarti.»
Lui non interrompe. Aspetta.
«Abbiamo dovuto fare un atterraggio d’emergenza.»
Il silenzio dall’altra parte dura giusto un battito. Poi il suo tono cambia, diventa più fermo, più attento.
«State bene? Veronika? Skippy?»
«Sì, sì. Nessun problema.» Mi passo una mano sulla testa, cercando le parole giuste. «Era un volo tranquillo verso l’Elba, poi il tempo è peggiorato all’improvviso. Vento forte, pioggia fitta, lampi. La visibilità è andata a zero in pochi minuti. Avevo segnato un campo volo d’emergenza sulla rotta, come mi hanno insegnato, e l’ho usato. Ma è stato veloce… troppo veloce.»
Carlo ascolta senza interrompere. Poi, con la sicurezza di chi sa, dice una cosa semplice e vera:
«Camillo, se me lo stai raccontando significa che hai fatto tutto nel modo giusto.»
Annuisco, stringendo il telefono con più forza.
«Sì… ma continuo a ripensarci. Avrei potuto evitarlo? Potevo fare qualcosa di diverso?»
Dall’altra parte arriva una risata breve, piena di esperienza.
«Le emergenze non si evitano, si gestiscono. E tu l’hai fatto.»
Resto in silenzio, mentre le sue parole si incastrano nei pensieri che mi tormentano da giorni.
«Hai mantenuto la calma, hai valutato le opzioni, hai preso una decisione. Questo fa un pilota. Il resto è teoria, e tu eri in una situazione reale.»
Respiro a fondo.
«E se fosse stato qualcosa di più grave?»
Carlo non esita.
«Avresti fatto la stessa cosa. Ti saresti adattato. Capisci perché ci prepariamo sempre per il peggio? Oggi sei in Italia, con strutture, comunicazioni, un piano B. Domani ti troverai in posti dove tutto questo non c’è e allora l’unica cosa che conterà sarà la tua capacità di decidere sotto pressione.»
Lascio che le sue parole sedimentino. Lo sapevo già, in fondo. Sentirlo dire da lui, però, è diverso.
«Camillo» aggiunge con un tono più leggero, «ogni volo insegna qualcosa. E ogni atterraggio da cui esci in piedi è un buon atterraggio.»
Sorrido.
«Grazie, Carlo. Veramente.»
«Di nulla. E comunque, se hai bisogno di parlare con me, sappi che sei ufficialmente entrato nella cerchia di quelli che possono chiamarmi a qualsiasi ora senza mai disturbare.»
Ridiamo entrambi e la telefonata continua ancora per un po’, scivolando su dettagli più leggeri. Mi chiede della prossima tappa, di come se la cava Skippy, di Veronika che – gli dico – ha già segnato una lista di posti da vedere talmente lunga che ci vorrebbe un altro giro del mondo per spuntarla tutta.
Parliamo ancora per un po’, poi chiudiamo la chiamata. Carlo mi ha lasciato con un’ultima frase che mi risuona nella testa:
“Il cielo è pieno di lezioni. Noi siamo qui per impararle.”
Rimango con il telefono in mano, guardando il sole che cala sull’Elba. La testa ha ancora mille pensieri, ma mi sento più sereno.
La vera forza di un pilota non sta nel volare senza difficoltà ma nell’affrontare le sfide con calma e determinazione

La Villa di Napoleone: Un Tuffo nel Passato
Mi sto godendo il sollievo delle parole di Carlo quando Veronika esce dal bagno. È luminosa, rilassata, e non posso fare a meno di notarlo.
«Sei bellissima,» le dico, e il suo sorriso, compiaciuto e sincero, vale più di qualsiasi risposta.
Nel frattempo, Skippy, acciambellata sulla poltrona accanto, inizia ad agitarsi come sempre quando sogna, fino a rotolare giù con un piccolo tonfo. La guardiamo, lei ci guarda: noi preoccupati, lei infastidita… sbuffa rumorosamente, si acciambella di nuovo sul pavimento e ci lancia uno sguardo offeso.
Scoppio a ridere.
«Tranquilla, hai tutto il tempo di svegliarti mentre faccio la doccia anch’io.»
Lei solleva appena una zampetta in un gesto teatrale, poi si abbandona di nuovo al sonno.
Prima di entrare in bagno, lancio a Veronika un’idea.
«Perché non facciamo un salto alla residenza di Napoleone qui all’Elba prima di cena? Sarebbe un buon modo per entrare nell’atmosfera della serata.»
Così, un’ora dopo, siamo a Portoferraio, davanti alla residenza che fu il cuore del breve regno di Napoleone sull’Elba.
Dall’esterno, Villa dei Mulini è semplice, elegante, affacciata sul porto, come se l’imperatore avesse voluto tenere lo sguardo sempre rivolto verso il mare, verso la Francia.
All’interno, le stanze raccontano un uomo che, pur in esilio, non si arrese all’idea della sconfitta. Qui Napoleone non si limitò a vivere: riorganizzò l’isola, migliorò le infrastrutture, diede impulso al commercio e persino creò una bandiera per l’Elba.
Ogni ambiente conserva tracce del suo passaggio, dalla biblioteca piena di volumi strategici al suo studio, dove lavorava ai piani per il futuro. Un sovrano in gabbia, forse, ma tutt’altro che domato.
Usciti dalla villa, con il mare davanti a noi e il tramonto che tinge il cielo, ci incamminiamo verso la serata, pronti a immergerci ancora di più nella sua storia.
Ogni luogo ha il suo passato e ogni storia raccontata ci porta più vicino a comprendere chi siamo oggi.

Una Serata Napoleonica alla Fortezza
Dopo una piacevole passeggiata a Portoferraio, ci dirigiamo verso la Fortezza Falcone.
Le mura imponenti, illuminate dalle luci calde della sera, creano un’atmosfera unica, come se ci stessero invitando a immergerci in un’altra epoca.
All’ingresso ci accolgono con gentilezza, vestiti a tema, confermando la nostra prenotazione. Skippy, come sempre, attira subito qualche sorriso e commento amichevole. Seguendo le indicazioni, veniamo accompagnati a un grande tavolo apparecchiato per otto persone, posizionato in una sala che conserva ancora i dettagli architettonici originali della fortezza.
Oltre a noi, al tavolo, ci sono una signora sulla settantina con un viso dolce e i capelli raccolti in un’acconciatura semplice e, accanto a lei, una ragazzina che ci saluta timidamente con un sorriso mentre si siede accanto a Skippy.
Di fronte, una coppia di italo-tedeschi: lui, con una barba curata e un’aria riflessiva, e lei, solare e sorridente, di evidenti origini italiane.
Ci presentiamo tutti rapidamente, scambiando qualche battuta cortese, ma la serata prende subito il via con l’arrivo di un oratore che si posiziona al centro della sala.
Vestito in abiti d’epoca, con un tono solenne ma coinvolgente, inizia a raccontare la storia di Napoleone sull’Elba.
«Signore e signori, benvenuti in questa serata dedicata a Napoleone Bonaparte, il grande stratega e leader che, sebbene in esilio, trasformò quest’isola in un regno pieno di innovazione e dinamismo…»
La storia, quando viene raccontata con passione, non è solo un racconto del passato ma una finestra aperta verso le emozioni che quel passato può ancora suscitare in noi

Antipasto. L’Inizio del Mito: La Giovinezza di Napoleone
Accompagnati da un calice di Ansonica dell’Elba, i camerieri servono al tavolo un assortimento di antipasti semplici e raffinati: pane nero integrale, frittata di erbe aromatiche e olive condite con agrumi, un richiamo ai sapori autentici dell’epoca napoleonica.
L’oratore, camminando per la sala, continua a parlare con voce sicura e gesti misurati.
«… ma prima di parlare del suo esilio, voglio raccontarvi da dove tutto è iniziato. Napoleone nacque ad Ajaccio, in Corsica, il 15 agosto 1769. Era il secondo di otto figli in una famiglia che, seppur modesta, nutriva grandi ambizioni.»
Veronika, seduta accanto a me, si avvicina leggermente.
«Passeremo ad Ajaccio quando saremo in Corsica?» mi chiede sottovoce.
Sorrido e annuisco.
«Sicuro, lo mettiamo in programma.»
Nel frattempo, l’oratore continua:
«Grazie all’abilità diplomatica del padre, Carlo Maria Buonaparte, Napoleone riuscì a studiare nelle migliori accademie militari francesi. Nonostante fosse un ragazzo riservato e talvolta solitario, la sua mente brillante e la sua ambizione fuori dal comune lo portarono a eccellere in matematica, storia e strategia militare.»
Assaggio un pezzo di frittata, notando l’equilibrio perfetto tra semplicità e intensità dei sapori. Veronika sembra altrettanto conquistata dal piatto.
L’oratore prosegue con una pausa drammatica per enfatizzare:
«A soli 16 anni Napoleone divenne ufficiale, un traguardo straordinario per l’epoca. E fu durante la Rivoluzione Francese che la sua ascesa prese forma. La brillante difesa di Tolone, nel 1793, lo rese generale a soli 24 anni, gettando le basi per il mito del suo nome.»
Il racconto si interrompe temporaneamente, lasciando a tutti il tempo di godersi gli ultimi bocconi degli antipasti.
Intorno al tavolo scambiamo qualche parola. Veronika riflette ad alta voce:
«È affascinante vedere come abbia sfruttato ogni occasione per dimostrare il suo valore.»
Annuisco.
«E pensare che questa è solo la sua giovinezza. Le sue imprese saranno sicuramente al centro della prossima portata.»
La sala si riempie di una conversazione leggera, con commenti sul cibo e curiosità appena apprese, mentre i camerieri iniziano a preparare il servizio per la prima portata.
Accanto a noi, la ragazzina ci lancia un’occhiata curiosa, poi ci chiede timidamente:
«Scusate se mi sono permessa di ascoltare prima, ma ho capito che state per andare in Corsica. Vero?» chiede, accarezzando il bicchiere d’acqua che ha davanti.
«Sì, partiremo domani mattina» rispondo con gentilezza. «Ci fermeremo anche ad Ajaccio per scoprire qualcosa in più su Napoleone.»
La signora, che scopriamo essere la zia, seduta accanto a lei, sorride con un’aria complice.
«Noi viviamo in Corsica. O meglio, io vivo lì. La Corsica è splendida, sono certa che vi piacerà.»
Non faccio in tempo a risponderle che i camerieri ci distraggono, iniziando a servire la portata successiva con l’oratore che torna a parlare.
“Non è la posizione che fa un uomo, ma l’uomo che fa la posizione.” – Napoleone Bonaparte

Prima Portata. L’Ascesa di un Imperatore: Ambizione e Conquiste
I camerieri ci servono la prima portata, una zuppa di pesce elbana, preparata con pescato locale e arricchita da erbe aromatiche tipiche dell’isola. Il profumo è invitante, e il calice di Aleatico Bianco, servito insieme, esalta i sapori con la sua dolcezza leggera e il retrogusto fruttato.
L’oratore torna a raccontare, la sua voce sicura riecheggia nella sala.
«Dopo la brillante difesa di Tolone, Napoleone non solo dimostrò il suo genio militare, ma iniziò a costruire il mito del suo nome. Le sue campagne militari furono epiche: dal 1796 al 1797, guidò l’Armata d’Italia, conquistando il nord del paese e stabilendo il dominio francese. Non era solo un comandante, ma un leader che ispirava i suoi uomini a compiere l’impossibile.»
L’oratore si prende una pausa drammatica, poi riprende:
«Napoleone non fu solo un brillante stratega militare. Le sue campagne non lasciavano dietro di sé solo confini ridisegnati e trionfi sul campo di battaglia, ma anche un’eredità culturale che avrebbe influenzato l’Europa per decenni. Se le sue conquiste cambiarono la mappa del continente, le sue riforme cambiarono la società.»
Osservo per un istante la zuppa ancora fumante davanti a me, poi lo sento proseguire:
«La spedizione in Egitto ne è l’esempio perfetto: da un lato una sfida militare complicata, dall’altro una missione scientifica senza precedenti. Con lui c’erano studiosi, ingegneri e archeologi, uomini il cui compito non era combattere, ma comprendere. Fu in quell’impresa che venne scoperta la Stele di Rosetta, che avrebbe permesso di decifrare i geroglifici e di svelare i segreti di una civiltà millenaria. Era il segno di un leader che non voleva solo dominare i territori, ma anche comprenderli e lasciare una traccia duratura nella cultura e nella scienza.»
Sorseggio un po’ di vino, lasciando che il retrogusto dolce si mescoli al pensiero di quella doppia eredità: la forza di un generale e la visione di un innovatore.
«Il suo carisma e la sua determinazione lo portarono al potere nel 1799, quando organizzò un colpo di stato e divenne Primo Console di Francia. Ma non era abbastanza. Nel 1804, Napoleone si proclamò Imperatore e, con la sua incoronazione, iniziò un’era di riforme e conquiste che cambiarono il volto dell’Europa.»
Conclude questa parte della narrazione con una riflessione:
«Napoleone non era solo un leader militare. Era un visionario, un uomo che cercava di modellare il mondo secondo i suoi ideali, trasformando ogni sfida in un’opportunità per lasciare un segno indelebile.»
La sala si riempie di un leggero brusio mentre l’oratore si interrompe, lasciandoci il tempo di gustare la zuppa e riflettere sul racconto.
Al nostro tavolo iniziamo a scambiare qualche parola.
La coppia di italo-tedeschi, seduta di fronte a noi, si unisce alla conversazione.
«Anche noi siamo qui in ferie» spiega l’uomo con un accento appena percepibile. «È la nostra seconda serata sull’isola, ma tra qualche giorno dovremo ripartire.»
«L’Elba è bellissima, sono sicura vi piacerà» interviene la signora accanto alla ragazza. «Noi torniamo in Corsica domani mattina. Sono venuta qui a prendere mia nipote, che vive qui con mia sorella, e la porto con me a festeggiare il compleanno della cuginetta. Sarà una sorpresa: ha la stessa età e non sa nulla.»
Ci limitiamo a sorridere, lasciando che la conversazione si sviluppi tra loro.
Non facciamo in tempo ad aggiungere altro che i camerieri iniziano a preparare il servizio per la seconda portata e l’oratore si prepara a riprendere il filo del discorso.
“Il vero uomo non è colui che conquista le vittorie ma colui che crea le opportunità per ottenerle.” – Napoleone Bonaparte

Seconda Portata. Dalla Gloria alla Caduta: L’Esilio di un Imperatore
Con tempismo impeccabile, i camerieri portano la seconda portata: polpette di baccalà, servite su un letto di insalata di stagione con un filo di limone, un piatto semplice e saporito che richiama la tradizione culinaria dell’epoca napoleonica. L’abbinamento con un calice di Rosso dell’Elba crea un equilibrio unico, esaltando i sapori intensi del pesce e della cucina locale.
L’oratore torna al centro della sala con lo sguardo che si sposta da un tavolo all’altro, come per coinvolgerci tutti nel racconto.
«Nonostante le sue incredibili imprese, la parabola di Napoleone raggiunse un punto critico con la Campagna di Russia del 1812, un evento che segnò l’inizio della sua caduta. Dopo essere avanzato fino a Mosca, le sue truppe furono decimate dal rigido inverno e dalla mancanza di rifornimenti. La sconfitta ridusse il suo esercito da 600.000 a meno di 30.000 uomini. Fu un colpo durissimo.»
Assaggio una polpetta, apprezzando la delicatezza del baccalà e l’equilibrio dei sapori.
L’oratore prosegue:
«Ma non fu solo la Russia. La sconfitta nella Battaglia di Lipsia nel 1813 segnò il crollo definitivo dell’Impero Napoleonico. Gli Alleati avanzarono verso Parigi e Napoleone fu costretto ad abdicare il 6 aprile 1814. Fu allora che le potenze europee decisero di esiliarlo sull’Isola d’Elba, lontano dalle grandi città ma abbastanza vicina da poterlo monitorare.»
Si ferma un istante, lasciando che le sue parole risuonino nella sala. Poi conclude:
«Immaginate un uomo, abituato a comandare milioni di soldati e conquistare nazioni, confinato su una piccola isola con soli 30.000 abitanti. Tuttavia, come vedremo, Napoleone trasformò persino l’esilio in un’occasione per lasciare il segno.»
Dalla grandeur delle sue campagne, Napoleone si ritrovò a osservare il mare da un’isola che sembrava un confine imposto sul suo destino, con l’orizzonte a ricordargli ogni giorno ciò che aveva perso. Ma il suo spirito non era domato.
La sala si riempie di un mormorio mentre gli ospiti si scambiano commenti sul piatto e sulla storia. Io e Veronika ci guardiamo con un sorriso complice quando la nostra attenzione viene catturata da una scena divertente.
La ragazzina accanto a noi, che scopriamo chiamarsi Amandine, ha stretto amicizia con Skippy. Tra un boccone e l’altro, le due giocano a rubarsi piccoli pezzi di pane dal cestino. Skippy, con la sua astuzia, riesce sempre a spuntarla, facendo ridere Amandine, che cerca di riprendersi il suo bottino.
Veronika scuote la testa divertita.
«Guarda queste due, sembra che si conoscano da sempre.»
Le sorrido.
«Skippy trova sempre il modo di conquistare tutti.»
La scena alleggerisce l’atmosfera, creando un momento di spensieratezza, mentre i camerieri iniziano a ritirare i piatti vuoti e l’oratore si prepara a introdurre il prossimo capitolo della storia.
“La gloria è fugace ma l’oscurità dura per sempre.” – Napoleone Bonaparte

Terza Portata. L’Elba: Un Regno in Miniatura e il Sogno del Ritorno
La terza portata arriva con eleganza, portando in tavola un piatto che richiama la tradizione isolana e il periodo napoleonico: filetto di pesce al cartoccio, cucinato con agrumi e spezie locali, servito con un contorno di bietole saltate e un calice di Moscato dell’Elba, un vino aromatico e vellutato che completa alla perfezione la delicatezza del piatto.
L’oratore riprende il racconto con tono solenne ma coinvolgente:
«Quando Napoleone arrivò sull’Isola d’Elba, il 4 maggio 1814, si trovò a dover gestire un regno di soli 30.000 abitanti. Tuttavia, la sua ambizione e il suo genio organizzativo non si fermarono. In pochi mesi trasformò l’isola in un modello di efficienza e modernità.»
Fa una pausa, lasciando che i camerieri finiscano di servire il pesce e versare il vino, poi continua:
«Napoleone migliorò le infrastrutture riparando strade e costruendo ponti. Rivitalizzò l’economia attraverso il commercio e persino la riorganizzazione delle miniere. Creò anche una bandiera per l’isola, con tre api dorate su sfondo bianco e rosso, simbolo di laboriosità e unità.»
Veronika, con il bicchiere in mano, mi sussurra:
«Non immaginavo che avesse fatto così tanto in così poco tempo.»
Annuisco, prendendo un pezzo di pesce.
«Era instancabile. Persino in esilio ha trovato il modo di lasciare il segno.»
L’oratore continua:
«Ma non era solo un leader operativo. Napoleone amava passeggiare lungo le mura di Portoferraio, da cui poteva osservare il mare. Quei momenti di riflessione gli servivano per pianificare il futuro, perché non smise mai di pensare a un ritorno al potere.»
Skippy, seduta accanto a me, sembra incuriosita dalle espressioni di Amandine, che ascolta il racconto con grande entusiasmo.
Mentre il mondo lo credeva sconfitto, Napoleone trasformava l’Elba nel suo banco di prova, perché nella sua mente l’esilio non era mai stato una fine, ma solo il trampolino per un ritorno destinato a lasciare il segno.
“La vera conquista è non smettere mai di prepararsi alla prossima battaglia.” – Napoleone Bonaparte

Dolce. Il Ritorno dell’Imperatore: I Cento Giorni di Gloria
I camerieri tornano con un dolce che attira subito l’attenzione: una raffinata tarte aux pommes, una torta di mele tipica della tradizione francese, rivisitata con un tocco locale grazie all’uso di mele elbane e un leggero velo di miele dell’isola.
Accanto viene servito un bicchiere di Aleatico Passito, il vino dolce più iconico dell’Elba, il cui aroma fruttato e la consistenza vellutata si sposano perfettamente con il dessert.
L’oratore si posiziona nuovamente al centro della sala, alzando il tono per riportare l’attenzione su di sé.
«Dopo dieci mesi sull’Elba, Napoleone decise di lasciare l’isola. La notte del 26 febbraio 1815, salpò segretamente con un piccolo gruppo di fedeli, dirigendosi verso la Francia. Era determinato a riconquistare il potere.»
La narrazione si intensifica, catturando l’attenzione di tutti.
«Arrivò a Golfe-Juan, nel sud della Francia, il 1° marzo 1815, e da lì iniziò una marcia verso Parigi che diventò leggendaria. Ovunque andasse, le truppe mandate a fermarlo si unirono a lui e il popolo lo accolse come un eroe. In meno di un mese, il 20 marzo 1815, era di nuovo sul trono di Francia. Fu un evento straordinario conosciuto ancora oggi come i Cento Giorni.»
Un’impresa senza precedenti: con il solo potere del suo carisma e della sua leggenda, Napoleone riconquistò il trono di Francia senza sparare un colpo.
Mentre assaggio la torta, il sapore dolce delle mele caramellate si mescola con il retrogusto aromatico del miele, creando un perfetto equilibrio. Veronika, accanto a me, sembra altrettanto conquistata dal dessert.
L’oratore conclude questa parte del racconto con un tocco di enfasi:
«Napoleone dimostrò ancora una volta il suo genio politico e militare, trasformando un esilio in un ritorno trionfale. Ma, come vedremo, il sogno del suo secondo impero sarebbe durato poco.»
La sala si riempie di un leggero mormorio mentre gli ospiti gustano il dolce, lasciando spazio ai pensieri e ai commenti sulla storia appena ascoltata.
Skippy, seduta accanto a noi, sembra seguire con curiosità l’atmosfera attorno al tavolo, mentre il vino dolce e la torta segnano il momento perfetto per riflettere su un capitolo così straordinario della vita di Napoleone.
“La vittoria appartiene al più perseverante.” – Napoleone Bonaparte

Amari e Caffè: Waterloo e Sant’Elena: La Fine di un’Impero, la Nascita del Mito
I camerieri servono una selezione di amari tipici dell’Elba, tra cui un limoncello elbano e una grappa al miele, accompagnati da caffè fumanti che avvolgono la sala con un aroma intenso. Gli ospiti iniziano a rilassarsi, ma l’oratore riprende la parola per affrontare uno dei capitoli più drammatici della vita di Napoleone.
«Dopo il suo ritorno trionfale in Francia e i famosi Cento Giorni, le potenze europee si riunirono per opporsi nuovamente a Napoleone. La sua ambizione e il suo genio strategico non bastarono a fermare l’inevitabile. Il 18 giugno 1815, alla Battaglia di Waterloo, in Belgio, Napoleone subì una sconfitta devastante per mano della coalizione guidata dal Duca di Wellington. Quella giornata segnò la fine del suo impero e il sogno di un secondo trionfo.»
L’atmosfera nella sala si fa più silenziosa, quasi sospesa, mentre l’oratore continua:
«Dopo Waterloo, Napoleone cercò di rifugiarsi in America, ma fu catturato dalle forze britanniche. Questa volta, le potenze europee scelsero un luogo da cui non avrebbe mai potuto fuggire: l’isola di Sant’Elena, un avamposto remoto nell’Oceano Atlantico meridionale, lontano da tutto e da tutti.»
Prendo un sorso di limoncello, sentendo il calore diffondersi, e mi appoggio allo schienale della sedia.
Faccio un gesto con le mani sulla pancia, come a dire che sono ufficialmente pieno, attirando lo sguardo di Veronika, che scuote la testa sorridendo.
Alza leggermente il bicchiere vuoto facendo segno che i tanti vini della serata sono stati di suo gradimento, anche se aggiunge con un mezzo sorriso:
«Forse ho esagerato un po’. Mi gira la testa.»
Scuoto la testa incredulo ma divertito.
«E poi dicono che io esagero» le rispondo, mentre Skippy, sempre attenta, lancia un’occhiata al cestino del pane, chiarendo con il suo comportamento che lei non ha ancora finito.
L’oratore conclude questa parte del racconto con un tono riflessivo:
«Sant’Elena non era solo un luogo remoto. Era una condanna alla solitudine. Napoleone vi arrivò nell’ottobre del 1815 con pochi fedeli accanto a lui. Per il resto della sua vita rimase confinato in quel piccolo pezzo di terra, lontano dalle luci della gloria e dal mondo che aveva cercato di dominare.»
Da Sant’Elena, Napoleone non poteva più vedere le sue armate né ascoltare il battito del mondo che un tempo aveva dominato. Gli restavano solo i ricordi e le parole con cui avrebbe cercato di costruire la sua eredità.
Il silenzio che segue è quasi palpabile, mentre ciascuno sembra riflettere sulla grandezza e sulla caduta di un uomo come Napoleone.
Veronika si appoggia con il gomito al tavolo, rompendo la tensione.
«Devo ammettere che è incredibile. Passare dal governare quasi tutta l’Europa a un’esistenza così lontana e isolata… sembra surreale.»
La signora accanto ad Amandine annuisce con un sorriso amaro.
«È la grandezza della storia. Ti ricorda che nulla dura per sempre.»
La donna Italo-Tedesca aggiunge:
«Ma è proprio questo che lo rende affascinante. Anche nei suoi momenti più oscuri, Napoleone è riuscito a lasciare il segno.»
Skippy, intanto, cattura l’attenzione di Amandine, e le due cominciano a giocare con dei pezzi di pane, regalando un momento di leggerezza a una serata intensa.
Il mormorio attorno ai tavoli torna a riempire la sala, mentre i figuranti si preparano all’atto finale.

Memorie, Saluti e Nuove Avventure
Con la sala ormai rilassata e gli amari che accompagnano gli ultimi scambi tra i commensali, l’oratore torna a parlare.
«Napoleone Bonaparte morì a Sant’Elena il 5 maggio 1821. Aveva 51 anni. La causa della morte è ancora oggi dibattuta: c’è chi parla di cancro allo stomaco, chi di avvelenamento. Ma una cosa è certa: anche negli ultimi giorni della sua vita, Napoleone continuò a riflettere sulla sua eredità, scrivendo memorie che avrebbero influenzato generazioni future. La sua vita, fatta di conquiste e cadute, è la prova che la grandezza è tanto fragile quanto straordinaria.»
Le parole dell’oratore lasciano un’eco sospesa nella sala.
Poi, all’improvviso, un applauso si leva, prima timido, poi sempre più forte. Un tributo non solo a Napoleone, ma a una serata che ha saputo far rivivere la sua storia.
Attorno al nostro tavolo scambiamo gli ultimi commenti sulla cena e sulla storia appena ascoltata.
Veronika si rivolge alla signora accanto a noi.
«È stato tutto meraviglioso, dall’atmosfera al cibo, fino ai dettagli storici. Non mi aspettavo di immergermi così tanto nella vita di Napoleone.»
La signora annuisce, palesemente felice anche lei.
«Questa fortezza ha visto tante storie e stasera siamo stati parte di una di esse.»
L’uomo italo-tedesco aggiunge:
«E i loro abiti, così ricchi di dettagli… sembrava davvero di essere tornati indietro nel tempo.»
Skippy, intanto, cattura l’attenzione di Amandine, che le accarezza la testa con affetto.
«Mi sono divertita molto, mi mancherai» dice la ragazza con un sorriso rivolto sia a Skippy che al resto del tavolo.
Con i saluti che si intrecciano tra i commensali, ci alziamo lentamente dal tavolo. La coppia italo-tedesca ci augura buon viaggio, mentre la signora e Amandine ci salutano calorosamente.
«Buona fortuna per il vostro viaggio in Corsica» dice la signora. «Sono sicura che Ajaccio vi regalerà altre storie da raccontare.»
Uscendo dalla fortezza, ci fermiamo nel piccolo negozietto di souvenir situato accanto all’ingresso.
Veronika si avvicina subito agli scaffali dedicati ai libri e sceglie una copia delle Memorie di Napoleone, visibilmente ispirata dalla serata.
«Penso che valga la pena leggerle» dice, voltandosi verso di me con un sorriso.
Poi aggiunge, prendendo un altro libro:
«E già che ci siamo, prendo anche una guida sulla Corsica. Ci tornerà sicuramente utile.»
Mentre pago i libri, Skippy, incuriosita, si avvicina al bancone osservando con attenzione le cianfrusaglie esposte: portachiavi, magneti, piccoli modellini di cannoni.
La ragazza alla cassa, notando il suo interesse e la sua simpatia, sorride e prende una piccola monetina turistica con l’effige di Napoleone.
«Tieni, è per te» dice, porgendogliela con gentilezza.
Skippy osserva la moneta come fosse un tesoro inestimabile, prendendola con cura tra le zampette.
Poi si volta verso di me, mostrando la monetina con entusiasmo.
«È un bel ricordo della serata» dico ridendo.
“Io chiudo gli occhi ma il mio sguardo rimarrà per sempre rivolto alla Francia.” – Napoleone Bonaparte, ultime parole

Ritorno a Casa: Un Momento di Pace
Lasciamo la fortezza con la brezza serale che ci accompagna. Le luci di Portoferraio scintillano in lontananza, riflettendosi sulle acque calme del porto.
Skippy cammina accanto a noi, ogni tanto fermandosi per osservare la monetina, come se stesse già immaginando di diventare un grande stratega come Napoleone.
Veronika stringe il sacchetto con i libri e sospira con soddisfazione.
«Non pensavo che una serata potesse essere così intensa e interessante.»
«Lo è stata davvero» rispondo, osservando il cielo stellato. «È stata una giornata piena ma ricca di ispirazione. Approfondiremo la sua storia anche in Corsica sicuramente.»
Raggiungiamo la nostra casetta a Procchio, accolti dal silenzio e dalla tranquillità dell’isola.
Veronika si dirige verso la camera, mentre io mi fermo un attimo sulla terrazza ad osservare il mare in lontananza.
Skippy si acciambella accanto a me, stringendo la sua monetina con orgoglio.
«Vai a dormire, piccola. Domani ci aspetta un nuovo viaggio.» dico sottovoce.
Poi entro in casa, chiudendo la porta finestra alle nostre spalle, pronto per una notte di riposo che ci prepara al volo verso la Corsica.poso che ci prepara al volo verso la Corsica.