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tra storia e panorami mozzafiato
Diario di Volo
Il volo sopra la Corsica del Sud ci ha regalato panorami mozzafiato e riflessioni profonde. Da Ajaccio a Bonifacio abbiamo attraversato un’isola che cambia volto a ogni chilometro: montagne imponenti, baie da sogno e città fortificate sospese sul mare. Abbiamo sorvolato luoghi di battaglie storiche, terre segnate da vendette secolari e paesaggi che sembrano fuori dal tempo. L’atterraggio a Figari segna la fine di un capitolo ma Bonifacio ci attende per raccontarci il prossimo.
Punti di interesse sorvolati
da Ajaccio a Bonifacio
Decollo da Ajaccio: il sole che cala sul primo capitolo di questo viaggio
Il motore ruggisce mentre il nostro Cessna accelera lungo la pista di Ajaccio. L’asfalto scorre veloce sotto di noi, poi un ultimo contatto con il suolo e siamo in aria per quest’ultimo sorvolo sulla Corsica.
Ajaccio scorre sotto di noi, avvolta nella luce calda del tramonto. Ora la guardiamo con occhi diversi.
«Non pensavo che mi sarebbe piaciuta così tanto» dice Veronika, con lo sguardo perso lungo la costa.
«Pensavi fosse solo Napoleone?»
Lei annuisce lentamente. «Sì… invece ho capito che qui non si vive solo nel suo passato. C’è qualcosa di più profondo, qualcosa che non si vede subito.»
Viro dolcemente seguendo il promontorio. «L’orgoglio corso?»
Veronika resta in silenzio un istante, poi scuote la testa. «Non solo. È il modo in cui convivono con la loro storia. La Corsica è come il vento che soffia sulle sue montagne. Non si lascia mai davvero catturare, cambia direzione, si adatta ma non smette mai di esistere. C’è chi lo segue e chi cerca di opporsi ma è sempre lì, a ricordarti che non puoi ignorarlo.» Si stringe nelle spalle. «Non è una battaglia politica, è un’identità che non smette mai di interrogarsi.»
La osservo un istante. «Forse è per questo che ha lasciato il segno anche su di me.»
Sorvoliamo la costa, lasciandoci alle spalle la città. Il sole infiamma le onde, l’aria è ferma, il silenzio della quota amplifica ogni pensiero.
In pochi giorni abbiamo capito che la Corsica è molto più di storia e politica. È carattere, resistenza, orgoglio. È fatta di chi l’accetta e di chi la sfida, di chi resta e di chi parte. Ed è più grande della sua stessa leggenda.
Ogni luogo è più di ciò che appare. A volte basta cambiare prospettiva per scoprirne l’anima nascosta.

Le Isole Sanguinarie: il destino di un popolo
Le Isole Sanguinarie emergono davanti a noi, scure e selvagge contro il bagliore del sole al tramonto. Dall’alto sembrano un avamposto dimenticato, un luogo che ha visto tempeste, naufragi e battaglie senza mai cedere al mare. Il sole incendia le loro scogliere rosse, mentre le onde le circondano in un moto perpetuo.
«Bellissimo il contrasto con il sole al tramonto» mormora Veronika.
Sorvoliamo l’arcipelago dirigendoci verso l’altra costa del golfo. Il vento è leggero, l’aria immobile. Sotto di noi, l’acqua si infrange violenta contro la pietra, come se il mare stesso cercasse di cancellare secoli di storia.
Un tempo, queste isole ospitavano monaci eremiti che cercavano qui la solitudine assoluta, lontani dal mondo e dai suoi conflitti. Più tardi, divennero un luogo di quarantena per le navi sospette di portare malattie, un confine tra il ritorno a casa e l’oblio.
«Non riesco a immaginare cosa significhi passare qui un’intera vita» dice Veronika, con lo sguardo perso sulle scogliere.
«O anche solo un inverno» rispondo. «Ci sono luoghi che sembrano nati per la solitudine. Questo è uno di quelli.»
Lei annuisce piano. «Forse è per questo che ha un fascino così forte. Sono isole ancora più isola della Corsica stessa.»
L’osservazione mi colpisce. È vero. La Corsica è sempre stata una terra di passaggio, conquistata, contesa, costretta a trovare un’identità tra culture e potenze diverse. Ma queste isole… queste sono rimaste inaccessibili, isolate nel loro destino.
«Pensi che certe battaglie finiscano mai davvero?» chiede all’improvviso Veronika.
Le lancio un’occhiata. Non parla solo delle isole, né solo della Corsica.
«Credo che certe cose rimangano incise nelle persone, come il vento incide queste rocce» rispondo. «A volte si dimenticano, a volte si trasformano ma non spariscono mai.»
L’indipendenza non è mai stata solo una questione politica ma un sentimento radicato nell’anima di un popolo.

Propriano e Sartène: la giustizia e la memoria di un popolo
Un silenzio riflessivo ci avvolge mentre sorvoliamo il Golfo di Valinco dirigendoci verso la Baia di Propriano. Il porto si svela incastonato tra il mare e le colline, con le sue barche che ondeggiano placidamente. La luce del tramonto avvolge tutto, rendendo il paesaggio ancora più affascinante.
«Guarda laggiù» dice Veronika, indicando il porto di Propriano. «Un tempo, questo luogo era un crocevia per diverse civiltà: Greci, Romani, Pisani e persino Turchi hanno lasciato la loro impronta qui.» Poi continua: «Nonostante le tante invasioni, Propriano ha saputo risorgere ogni volta.»
«Difficile immaginare le battaglie che hanno segnato questa baia.» commento. «Sembra tutto così pacifico.»
«Forse il mare non dimentica. Chissà quanti segreti custodisce laggiù.» aggiunge Veronika, osservando la distesa d’acqua sotto di noi.
Poco dopo, salendo di quota, arriviamo a ridosso di Sartène, spesso definita “la più corsa delle città corse”. Veronika consulta la sua guida e sorride: «Sapevi che questo titolo è stato coniato dallo scrittore Prosper Mérimée?»
«Ma che cosa avrebbe di diverso dal resto dei paesi corsi?» le chiedo, incuriosito.
«Sembra che qui le tradizioni siano ancora molto sentite» risponde, poi torna a leggere. «Ad esempio, qui ogni anno, il Venerdì Santo, si tiene la processione del Catenacciu. Un uomo incappucciato percorre le vie del borgo portando una pesante croce, in segno di penitenza. Nessuno conosce la sua identità, ma si dice che sia scelto tra coloro che vogliono espiare una colpa. Una tradizione che mescola fede, mistero e una certa dose di drammaticità. Molto corsa, in effetti.»
Mentre rifletto su queste terre antiche e sulla loro capacità di resistere al tempo, sento qualcosa che mi strattona leggermente la giacca. Un richiamo dal presente… e dalla pancia di Skippy, evidentemente.
Mi giro e trovo Skippy, che mi guarda con i suoi occhi più dolci, il musetto leggermente inclinato.
Alzo un sopracciglio. «Oh no… stai realmente facendo di nuovo quella faccia. Cosa vuoi? Immagino che tu abbia fame… come sempre!»
La piccola esploratrice mi colpisce con una zampa, poi alza lo sguardo, occhi enormi e imploranti. La strategia della dolcezza è iniziata.
Sospiro. «Non ci credo… Vuoi un altro canestrello?»
Un leggero guaito di approvazione è la sua risposta.
«Ma ne hai già mangiati prima!» esclamo divertito.
Skippy fa finta di niente e continua a fissarmi con la sua espressione innocente, mentre la coda si muove lentamente da un lato all’altro, in perfetta strategia di persuasione.
«Camillo, ti rendi conto che questa creatura sta sviluppando un piano alimentare tutto suo?» Veronika scuote la testa ridendo mentre apre lo zaino e le passa un pezzetto di biscotto.
Skippy lo afferra delicatamente tra le zampe e inizia a sgranocchiarlo con assoluta soddisfazione.
«Secondo me non è mai sazia.»
Sorridiamo mentre la nostra piccola mascotte finisce il suo dolce premio, poi torniamo a guardare la terra che scorre sotto di noi come se nulla fosse successo.
La vera giustizia non si misura dalla severità delle leggi ma dall’equità con cui vengono applicate.

Porto Vecchio. La Corsica che cambia volto
Le montagne davanti a noi si stringono in un passaggio stretto, quasi volessero metterci alla prova prima di concederci l’accesso alla costa orientale. Superiamo il valico con una leggera turbolenza e all’improvviso il paesaggio si apre: il Golfo di Porto Vecchio si svela all’orizzonte, con colori stupendi tra il viola e l’azzurro.
Inizio la discesa graduale, tracciando una dolce virata sopra il golfo.
«Ma ti rendi conto di come varia quest’isola ogni volo?» dico, lasciandomi sfuggire un sorriso.
Veronika osserva il panorama con occhi incantati. «Sembra quasi di attraversare un intero continente in pochi chilometri.»
Sorvoliamo il golfo, un tempo un crocevia conteso da chiunque volesse il controllo del Mediterraneo. Oggi Porto Vecchio è una delle destinazioni più frequentate della Corsica, un perfetto equilibrio tra mare, storia e modernità.
«Sai che il nome Porto Vecchio potrebbe ingannare?» chiede Veronika, mentre scorre la guida.
«Dimmi che non è perché c’è un Porto Nuovo nascosto da qualche parte.»
Lei ride. «No, il nome risale addirittura all’epoca romana, quando la città era conosciuta come Portus Syracusanus. Il ‘vecchio’ non indica un porto sostituito ma uno che ha saputo resistere al tempo.»
«Beh, sembra che abbia retto piuttosto bene.»
«Sì, oggi è un mix perfetto tra storia e turismo. Hanno boutique di lusso accanto a vecchie saline abbandonate, ma se ti addentri nei vicoli trovi ancora l’anima autentica della Corsica.»
«Non sembra affatto ‘vecchio’ infatti, anzi» commento.
«Negli ultimi decenni è diventato una meta di lusso» aggiunge Veronika. «Ma ha ancora tracce del suo passato: le saline, ad esempio. Un tempo rappresentavano una delle principali fonti di ricchezza della città.»
«E oggi?»
«Sono ancora lì ma non più sfruttate come un tempo. Un tempo l’industria del sale rappresentava una delle risorse più importanti della regione ma, con il tempo, la produzione è stata abbandonata, complice la concorrenza di altre saline più moderne e il calo della domanda. Oggi restano un luogo suggestivo, soprattutto al tramonto, quando l’acqua nelle vasche riflette il cielo e trasforma il paesaggio in una tavolozza di colori.»
Proseguiamo lungo la costa, lasciandoci Porto Vecchio alle spalle. La Baia di Santa Giulia, con la sua laguna, ci sorprende illuminata dalla luce del tramonto che la rende ancora più spettacolare.
«Guarda che colori!» esclama Veronika. «Mare tropicale ma con l’anima selvaggia della Corsica. E pensare che poco fa eravamo alle Isole Sanguinarie a parlare di storia e rivoluzioni. Qui sembra un altro mondo.»
«E invece è sempre la stessa isola» dico, sorvolando un’altra perla nascosta che cattura la nostra attenzione: Rondinara, con la sua forma perfetta, un anfiteatro naturale di sabbia e mare cristallino. Da quassù, la sua simmetria è ancora più evidente, come se la natura l’avesse scolpita con precisione millimetrica.
«Che spettacolo» dice Veronika, con un sorriso. «Non smetto mai di sorprendermi.»
Sorrido, mantenendo l’assetto mentre proseguiamo verso la nostra ultima tappa. La Corsica continua a rivelarsi sotto di noi, selvaggia e mutevole, capace di stupire anche quando credi di averla già capita.
La Corsica non è un’isola, è molte isole in una. Ti porta dalle vette alle spiagge, dalla storia antica alla natura selvaggia senza mai perdere la sua identità.

Verso Bonifacio: un ingresso spettacolare
Superiamo l’insenatura del Golfo di Sant’Amanza, un’ampia baia incastonata tra le scogliere e la macchia mediterranea. Il sole basso sul mare trasforma ogni increspatura in un bagliore dorato, come se il paesaggio stesso stesse trattenendo il respiro prima del tramonto.
Veronika segue il panorama in silenzio, lo sguardo incollato al finestrino. «Sembra un quadro con questa luce» mormora piano.
«Sono curioso di vedere Bonifacio» le rispondo, virando dolcemente.
Dall’entroterra, la città è ancora invisibile. Solo un altopiano brullo e scosceso si allunga davanti a noi. E poi, d’un tratto, la terra scompare nel vuoto e Bonifacio si rivela, come un miraggio sospeso sull’abisso.
Il colpo d’occhio è incredibile. La città si erge sulla cima di una falesia bianca, sospesa nel nulla, come se sfidasse la gravità. Le case sembrano abbracciarsi l’una all’altra, affacciandosi sull’abisso con un’audacia silenziosa. Sotto di noi, il mare si insinua nella scogliera, scavando il profondo fiordo naturale del porto. È una visione da lasciare senza fiato.
Veronika lo trattiene. «Mamma mia…»
Sorvoliamo la città a bassa quota, lasciandoci avvolgere dal suo fascino antico. Il sole incendia le falesie di un arancio infuocato, mentre le mura medievali si allungano lungo il bordo del precipizio, come se fossero ancora pronte a respingere un assedio.
«Questo posto ha visto secoli di battaglie,» dico mentre lasciamo scorrere Bonifacio sotto di noi. «Genovesi, Pisani, Aragonesi, Francesi… tutti l’hanno voluta.»
Veronika annuisce. «E non è difficile capire perché. Sembra una fortezza costruita dal mare.»
«Lo è stata per secoli» confermo. «Da qui, controllavano tutto il passaggio tra Corsica e Sardegna. Le Bocche di Bonifacio sono sempre state strategiche. Un crocevia tra popoli, commerci e guerre.»
Veronika nota, nella falesia, una linea ben visibile nella roccia. Una scala ripida serpeggia lungo la parete bianca, scendendo fino al mare.
«E quella cos’è?» chiede Veronika, aguzzando la vista.
«La Scala del Re d’Aragona» rispondo. «Uno dei grandi misteri di Bonifacio.»
Lei si sporge leggermente per vedere meglio. «Scavata nella roccia? Ma come?»
Sorrido. «Dipende a chi lo chiedi. Ho letto che la leggenda dice fu realizzata in una sola notte dai soldati aragonesi durante l’assedio del 1420. La realtà è più semplice: probabilmente esisteva già prima, usata dai monaci per raggiungere una sorgente nascosta nella grotta sottostante.»
Veronika ride. «Dunque una versione eroica e una pratica. Preferisco la prima.»
«Ovviamente» rispondo ridendo anch’io. «Ma pensa alla scena: soldati che scavano febbrilmente mentre le guardie genovesi li respingono dall’alto… roba da film.»
Sorvoliamo la città, godendoci lo spettacolo della luce che incendia la falesia e fa brillare il mare.
«Questo è uno degli arrivi più belli di tutto il viaggio» dice Veronika, scattando una foto. «Direi che non potevamo scegliere un finale migliore per questo viaggio sopra la Corsica.»
Regolando la rotta verso nord per l’atterraggio, aggiungo: «E non è ancora finita.»
Alcuni luoghi raccontano storie di battaglie e conquiste, altri parlano con la loro bellezza. Bonifacio fa entrambe le cose, scolpendo il tempo nella pietra delle sue scogliere.

Atterraggio a Figari
La pista di Figari Sud-Corse è ormai in vista, un nastro d’asfalto immerso tra la macchia mediterranea e le colline che digradano verso il mare. L’ultima luce del tramonto sfuma oltre l’orizzonte, Veronika abbassa la fotocamera e si rilassa sul sedile, con un’espressione serena.
«Questa tappa è stata incredibile» dice piano, quasi a sé stessa.
Abbasso i flap, riduco la velocità e allineo il Cessna all’asse di atterraggio. Il motore ruggisce piano mentre tocchiamo terra con dolcezza, il carrello sfiorando la pista senza scosse. Un atterraggio perfetto, come a sigillare questo volo con la giusta chiusura.
Rallento e porto l’aereo fino all’area di sosta. Spengo i motori e nella cabina cala un silenzio ovattato, rotto solo dal ticchettio del metallo che si raffredda. È un momento sospeso, come se anche l’aereo sapesse che qualcosa si è appena concluso.
Veronika si volta verso di me con un sorriso. «Non vedo l’ora di passeggiare per Bonifacio.»
Sorrido anch’io. «Ogni luogo racconta una storia diversa quando lo tocchi con i piedi, e non solo con gli occhi. Ora è il momento di ascoltare la voce di Bonifacio.»
Ogni atterraggio segna una fine ma è solo la premessa per il prossimo decollo. Il viaggio non è mai davvero finito.
Riassunto
Decolliamo da Ajaccio lasciandoci alle spalle la città illuminata dal tramonto e dirigendoci verso sud. Sorvoliamo le Isole Sanguinarie, terre di leggende e naufragi, per poi attraversare la costa della Corsica del Sud. Il nostro viaggio ci porta sopra Propriano e Sartène dove il passato risuona ancora tra le antiche faide e il codice d’onore di un popolo che ha sempre difeso la propria identità.
Superiamo le montagne e il paesaggio cambia ancora: la Corsica si trasforma in un susseguirsi di lagune e spiagge bianchissime. Sorvoliamo Porto Vecchio, dove le fortificazioni genovesi dominano il paesaggio, e la splendida Baia di Santa Giulia, un paradiso di acqua turchese e sabbia dorata. Il volo continua verso Rondinara, un anfiteatro naturale che da quassù sembra perfetto nella sua simmetria.
L’arrivo a Bonifacio è spettacolare: la città fortezza appare all’improvviso, sospesa sulle falesie bianche a picco sul mare. Le Bocche di Bonifacio si aprono davanti a noi, ricordandoci la posizione strategica di questa città contesa nei secoli. Ammiriamo la famosa Scala del Re d’Aragona, scavata nella roccia, prima di puntare verso Figari per l’atterraggio.
Con i piedi a terra ci prepariamo al prossimo capitolo: esplorare Bonifacio da vicino, camminare tra le sue mura e lasciarci avvolgere dalla sua storia.
verso nuove storie da raccontare.