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Volo in mongolfiera sulle Crete Senesi

Diario di Viaggio

Siena
e dintorni

A Siena l’incontro con Carlo e Irina ci regala storie di viaggi, missioni umanitarie e un legame immediato. Guidati da Carlo esploriamo la città, tra i vicoli e la storia del Palio. La sorpresa per Veronika è un volo in mongolfiera sopra le Crete Senesi, un’esperienza che diventa metafora della vita: non sempre controlliamo la direzione, a volte dobbiamo solo affidarci al vento. Con la spilletta donata da Carlo, Skippy sigilla un incontro che non dimenticheremo. Ora il viaggio continua, con Siena nel cuore e nuovi orizzonti all’orizzonte.

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    Siena

    Irina

    Quando mi sveglio, il letto accanto a me è vuoto. Skippy, invece, dorme profondamente, acciambellata ai piedi del letto con il musetto nascosto, come sempre, sotto la giacchetta da pilota. Sorrido alla vista della sua piccola figura raggomitolata, poi mi alzo e seguo il profumo di caffè che sale dalle scale.

    Apro la porta del patio e la vedo: Veronika è seduta con una donna, immerse in una conversazione che sembra quella di due vecchie amiche. Ridono, complici, come se si conoscessero da sempre.

    «Camillo, vieni! Ti presento Irina» mi dice Veronika, sollevando lo sguardo con un sorriso luminoso.

    Irina mi saluta con calore. Ha un viso sereno, lineamenti eleganti e un italiano fluido che tradisce un accento russo. Un dettaglio che spiega subito l’intesa con Veronika.

    Mi unisco a loro, ancora un po’ assonnato, mentre la conversazione si sposta sul nostro viaggio. Irina ascolta con attenzione, le sue domande rivelano un interesse sincero. Ha lo sguardo di chi ha vissuto molto ma senza bisogno di raccontarlo apertamente. C’è un’eleganza nei suoi silenzi, una calma che la rende magnetica.

    “Alcuni incontri arrivano nel momento esatto in cui devono accadere, senza bisogno di spiegazioni, solo con la certezza che lasceranno il segno.”

    Irina seduta sotto il portico (foto leonardo.ai)

    Carlo

    Mentre chiacchieriamo, un uomo si avvicina al tavolo. Andatura calma, sguardo sicuro, il portamento di chi ha vissuto molto e affrontato ancora di più. Irina si alza per presentarlo.

    «Camillo, questo è mio marito Carlo. Anche lui un pilota.»

    La sua stretta di mano è ferma, il sorriso accogliente. Ha quell’aria di chi sa stare ovunque con naturalezza, senza bisogno di imporsi. Ci sediamo e la conversazione prende subito vita.

    Carlo ha il tono di chi racconta storie senza ostentazioni ma con l’abilità di chi le ha vissute davvero.

    «Ci siamo conosciuti durante un volo d’emergenza medica in Africa» racconta, lanciando un’occhiata a Irina. «Io ero il pilota, lei il medico responsabile.»

    Irina sorride. «Era una missione rischiosa. Quando siamo finiti in una turbolenza, Carlo mi ha tranquillizzata con una battuta, come se stessimo sorvolando un campo di margherite.»

    Si guardano con intesa, quella connessione silenziosa che solo chi ha condiviso il rischio e l’incertezza può avere. Raccontano di missioni in villaggi sperduti, voli sopra deserti e montagne, emergenze affrontate senza sapere cosa avrebbero trovato all’atterraggio.

    «Non abbiamo mai avuto figli» dice Irina, con un sorriso malinconico ma sereno. «Abbiamo considerato nostri figli tutti i bambini che abbiamo aiutato e curato.»

    Carlo annuisce. «E ora, finalmente, abbiamo tempo per noi. Viaggiamo senza fretta, scoprendo quei luoghi che un tempo sorvolavamo soltanto.»

    Ogni parola pesa come un bagaglio pieno di esperienze. Ascoltandoli, sento che questo incontro cambierà anche il nostro viaggio.

    “Alcuni viaggi si fanno per vedere il mondo, altri per incontrare persone che lo cambiano per sempre.”

    Carlo (foto leonardo.ai)

    Un invito inaspettato

    Mentre la conversazione scivola su Siena, Carlo accenna ai suoi trascorsi nella città. «Ho studiato qui, è un luogo che mi ha formato. Conosco ogni angolo ma c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.»

    Veronika si illumina. «Perché non venite con noi oggi? Sarebbe bellissimo avere voi come compagnia!»

    Rimango sorpreso dalla proposta, ma l’entusiasmo di Veronika è contagioso. Carlo e Irina si scambiano un’occhiata complice, poi annuiscono con un sorriso.

    «Sarà un piacere» dice Carlo.

    Irina si appoggia allo schienale della sedia, divertita. «Ma ho sentito che non siete soli in questo viaggio.»

    Veronika ride. «Vero. Abbiamo una piccola compagna di avventure. Vi avverto, ha un carattere tutto suo… e un talento speciale nel combinare disastri con incredibile disinvoltura.»

    Come se avesse sentito, Skippy compare dal nulla, sbucando dalla porta con le orecchie dritte e un passo sicuro. Ma invece di avvicinarsi con grazia, scivola leggermente sul pavimento di pietra e finisce la sua entrata con un saltello maldestro per recuperare l’equilibrio.

    Irina la guarda con un sorriso affettuoso. «Mi piace già.»

    Skippy si ricompone con assoluta serietà, come se il piccolo incidente non fosse mai successo, poi si avvicina con aria attenta, osservando Irina e Carlo come se li stesse analizzando.

    «Ecco a voi Skippy» dice Veronika, accarezzandole la testa. «La nostra mascotte, esploratrice e… beh, protagonista di più momenti comici di quanto vorrebbe ammettere.»

    Carlo la osserva con divertimento. «Ha l’aria di chi sa il fatto suo. E ammiro il suo stile da pilota esploratrice. Mi piace!»

    Skippy inclina la testa, come se stesse considerando il complimento, poi si arrampica sulle gambe di Veronika, prende un biscotto dal tavolo e si accoccola, come per dire che ora possiamo continuare a parlare.

    Osservo la scena e incrocio le braccia. Avrei preferito venisse da me. Pilota e copilota, no?

    Irina scuote la testa sorridendo. «Sì, decisamente una vera viaggiatrice.»

    A quelle parole, Skippy alza il musetto con fierezza e si ricompone nella sua posa da navigatrice esperta, gonfiando leggermente il petto e posizionandosi con un’aria di professionalità quasi esagerata.

    Mentre ci prepariamo a partire, l’atmosfera è già familiare. Siena ci aspetta e stavolta non saremo solo noi tre a scoprirla.

    “Alcuni incontri avvengono per caso, altri sembrano scritti nel viaggio prima ancora di partire.”

    la camera dell’agriturismo (foto leonardo.ai)

    Siena e le storie del passato

    Attraversiamo le strade di Siena seguendo Carlo, che si muove con la sicurezza di chi conosce ogni angolo ma con lo sguardo di chi continua a scoprire qualcosa di nuovo. Non ha fretta, come se volesse lasciare che i ricordi emergano da soli, al ritmo della città.

    «Quando cammino qui» dice, «mi sembra di tornare agli anni dell’università. Ogni vicolo mi racconta una storia, come un vecchio amico che non vedo da tempo.»

    «Ti senti ancora legato a Siena?» chiedo mentre ci addentriamo in una piazza meno affollata.

    Carlo annuisce con un sorriso. «Non credo si possa mai lasciare davvero un posto come questo. Non sono nato qui, ma per anni è stata casa mia. Quando studiavo qui, c’era un’energia diversa… più studenti per le strade, più botteghe aperte. Ogni angolo aveva il suo piccolo mondo, la sua storia. Oggi qualcosa è cambiato, alcuni posti sono spariti, ma le mura, i vicoli, il cielo sopra questa città… quelli sono gli stessi. Siena è rimasta la stessa, eppure ogni volta sembra raccontare qualcosa di nuovo. Forse è solo il tempo che ci fa scoprire sfumature diverse.»

    Lo ascolto parlare e mi rendo conto che, in pochi minuti, ha conquistato l’attenzione di tutti. Ha quella capacità di far sembrare ogni storia importante, di dare peso alle parole senza ostentazione. Anche Skippy, che solitamente è più selettiva nelle sue simpatie, lo segue con una devozione quasi assoluta.

    Ogni tanto si ferma, osserva qualcosa che Carlo indica e poi lo raggiunge di corsa, quasi prendendo appunti invisibili.

    Dietro di noi Veronika e Irina camminano vicine, ridendo e scambiandosi sguardi complici. Il loro legame cresce a ogni passo, come se si conoscessero da sempre.

    «Qui sopra venivo spesso a studiare» dice Carlo, fermandosi su una scalinata panoramica. «Mi piaceva il silenzio, interrotto solo dai rintocchi delle campane.»

    Si avvicina a una panchina e sfiora lo schienale con le dita. «Qui invece ho preso la decisione più importante della mia vita.»

    Veronika si accosta. «Il volo?»

    Carlo sorride. «Sì. Siena mi ha insegnato tante cose, ma quella sera mi ha dato la più importante: a volte non è il destino che decide, sei tu che devi fare il primo passo.»

    Skippy, accovacciata accanto a lui, inclina la testa con un’aria attenta, come se cercasse di capire esattamente cosa intendesse dire. Poi si avvicina un po’ di più, posandogli una zampa sulla scarpa, con un gesto lento, quasi solenne, come a voler confermare che aveva preso la decisione giusta.

    «A volte basta un attimo per cambiare tutto» aggiunge Carlo, abbassando lo sguardo su di lei con un sorriso.

    Riprendiamo il cammino e Carlo ci porta davanti a un’insegna modesta. «Qui lavoravo mentre studiavo» dice con un sorriso nostalgico. «Ora il nome è cambiato, come anche i proprietari, ma l’atmosfera è sempre la stessa.»

    Osservo la scena e incrocio le braccia, lanciando un’occhiata a Skippy, che continua a seguirlo come se fosse il suo nuovo mentore. Sorrido tra me e me. Va bene, posso accettarlo… per ora.

    “Alcuni luoghi non si limitano a ospitarci ma ci plasmano, diventando parte di noi.”

    Osteria di Carlo (foto Leonardo.ai)

    Un piatto di ricordi

    Ci sediamo e Carlo, senza nemmeno aprire il menu, suggerisce subito: «Dovete provare gli gnudi

    Veronika annuisce con curiosità e poco dopo il cameriere porta i piatti ancora fumanti. Il profumo di burro e salvia si diffonde nell’aria, avvolgendoci in un’atmosfera di casa. La consistenza morbida della ricotta e il sapore delicato dei carciofi raccontano Siena in un boccone.

    «È come un abbraccio» commenta Veronika, assaporando il primo morso.

    La osservo sorridendo. Ha questo modo di perdersi completamente nei sapori, come se ogni piatto fosse una piccola scoperta da vivere fino in fondo.

    Carlo sorride, osservandoci soddisfatto. «Non serve essere complicati per essere straordinari.»

    «Infatti» aggiunge, poggiando la forchetta. «Gli gnudi nascono come piatto povero della tradizione contadina, fatti con pochi ingredienti semplici. Ma è proprio nella loro essenzialità che si trova la loro forza.»

    Accanto a noi, Skippy fissa il piatto con interesse, le orecchie dritte e il musetto leggermente inclinato. La sua capacità di individuare il cibo buono con una precisione millimetrica è qualcosa che rasenta il soprannaturale.

    Irina ride e le accarezza la testa. «Credo che anche lei approvi.»

    Carlo posa la forchetta con un’espressione nostalgica. «Qui ho imparato che inseguire un sogno può essere più difficile di quanto immagini, ma ogni passo conta. E, come per questi piatti, spesso la semplicità è la chiave.»

    “A volte basta un piatto semplice per raccontare la storia di un luogo e di chi lo ha vissuto.”

    Gnudi di carciofo conditi con burro e salvia (foto Dall-E)

    Passeggiando tra storia e curiosità

    Usciti dall’osteria, Carlo continua a raccontare Siena con la voce di chi non si è mai stancato di lodarla.

    «Vedete quel palazzo?» indica un’imponente costruzione in pietra. «È Palazzo Tolomei, uno degli edifici più antichi della città. Qui si decidevano le sorti politiche di Siena prima ancora che diventasse famosa per il Palio

    Proseguiamo fino alla Fonte Gaia.

    «Nel Medioevo questa fontana rappresentava la gioia della città» spiega Carlo. «Portare l’acqua fin qui fu un’opera d’ingegneria straordinaria.»

    Veronika sfiora l’acqua con le dita. «Quindi il nome ‘Gaia’ viene da questo?»

    Carlo annuisce. «Dalla gioia dei senesi nel vedere l’acqua scorrere dopo secoli di difficoltà.»

    Poco dopo ci fermiamo ai piedi della Torre del Mangia.

    «Sapete perché si chiama così?» domanda Carlo con un sorriso.

    «Non ne ho idea» ammetto.

    «Il suo primo custode era Giovanni di Balduccio, detto ‘Mangia’ perché spendeva tutto in cibo e divertimenti.»

    Scoppiamo a ridere. «Quindi una delle torri più imponenti della città prende il nome da un gaudente?»

    Carlo annuisce. «Ironico, vero?»

    Skippy, che ci ha seguiti diligentemente, comincia a rallentare visibilmente provata. Carlo si china verso di lei. «Dai, piccola, sali qui.»

    Senza farselo ripetere due volte, Skippy si arrampica sulle sue spalle, il musetto puntato in avanti come un piccolo capitano.

    La scena mi strappa un sorriso, ma sento un leggero pizzico di gelosia.

    «Mi sembra che stia scegliendo nuovi pupilli» commento scherzando.

    Carlo ride. «Forse ha solo bisogno di un punto di vista diverso.»

    Davanti alla Basilica di San Domenico, Carlo si ferma.

    «Qui è conservata la reliquia della testa di Santa Caterina. Una giovane donna che riuscì a influenzare papi e re nel XIV secolo.»

    Veronika osserva il portale decorato. «Deve essere stata una donna incredibile.»

    «Immagina» continua Carlo, «una ragazza nata in una famiglia modesta, decisa a seguire la sua fede senza lasciarsi fermare da nessuno. A soli sette anni fece voto di consacrarsi a Dio. E da adulta, mentre il mondo era diviso tra guerre e lotte di potere, lei riuscì a convincere il Papa a riportare la sede pontificia a Roma

    Veronika incrocia le braccia e la guarda con nuovo interesse. «Dev’essere stata incredibilmente determinata.»

    Carlo annuisce. «Più che determinata, inarrestabile. Per alcuni una santa, per altri una ribelle.»

    Mentre passeggiamo tra i vicoli, Carlo ci racconta di feste di contrada, di rivalità secolari e di storie che vivono ancora oggi nelle strade di Siena.

    «Un giorno, durante il Palio, ho visto un anziano raccontare ai bambini di quando aveva corso per la sua contrada. Era come se stesse rivivendo ogni emozione. Siena è così: una città che non dimentica.»

    Mi soffermo su quelle parole. I luoghi hanno davvero una memoria? A volte sembra che certi angoli di città trattengano le storie di chi li ha vissuti, come se aspettassero solo qualcuno disposto ad ascoltarle. E Siena, con i suoi vicoli e le sue tradizioni ancora vive, sembra essere uno di quei posti.

    E forse è per questo che Carlo e Irina sembrano così a loro agio qui: non solo per il tempo che hanno vissuto in questa città, ma perché sanno riconoscere e raccogliere storie ovunque vadano.

    Guardo la nostra piccola mascotte, ancora sulle spalle di Carlo, che osserva il panorama con un’aria fiera.

    Mi rendo conto che non è solo Skippy ad aver trovato un nuovo mentore. Carlo e Irina hanno qualcosa di speciale: la capacità di farti sentire parte di una storia più grande. Non sono solo viaggiatori, sono custodi di esperienze, di scelte fatte e sogni seguiti.

    Forse anche il nostro viaggio, in fondo, è proprio questo: raccogliere pezzi di storie, imparare da chi ha già trovato la sua rotta e, un giorno, essere noi quelli che raccontano.

    Forse, per la prima volta, non è solo un viaggio. È un incontro che ci sta cambiando.

    “Siena non è solo una città: è memoria vivente, un intreccio di storie che continuano a sussurrare tra le sue strade.”

    Torre del Mangia Siena (foto di michelangelobuonarrotietornato.com)

    Verso le Crete Senesi

    Le ore a Siena scorrono leggere tra racconti e risate, tanto che quasi mi dimentico della sorpresa che ho preparato per Veronika. Poi, con discrezione, mi allontano un attimo e controllo il telefono: il pilota conferma che c’è posto per quattro. Perfetto.

    «Dai, è quasi ora di muoverci» annuncio casualmente, guidando il gruppo verso l’auto. Durante il tragitto, Carlo racconta del suo ultimo viaggio in Portogallo, Irina di un borgo nascosto che hanno scoperto, mentre Veronika prende nota di ogni spunto con l’entusiasmo di chi ha già mille idee in testa. Skippy, accoccolata sulle sue ginocchia, osserva fuori dal finestrino con la sua solita attenzione, come se stesse studiando il percorso.

    Poi, all’orizzonte, le Crete Senesi si aprono davanti a noi, un susseguirsi di colline ondulate che sembrano onde pietrificate nel tempo. L’oro della terra arata si mescola al verde delle vigne, e qua e là qualche cipresso solitario segna il paesaggio come una pennellata d’inchiostro su una tela antica.

    Veronika si sporge, cercando di intuire la destinazione. «Ma… dove stiamo andando?» chiede con curiosità.

    Sorrido, mantenendo il mistero. «Vedrai.»

    Poco dopo appare il nostro punto d’arrivo: un campo aperto al centro del quale giace una mongolfiera ancora sgonfia, un gigante addormentato pronto a risvegliarsi.

    “A volte il viaggio più emozionante è quello che non ti aspetti, quando le sorprese prendono il volo prima ancora di decollare.”

    Crete senesi (foto di tuscanypeople.com)

    La sorpresa svelata

    Appena scendiamo dall’auto, Veronika si blocca. «Ma quella è una mongolfiera!» esclama, gli occhi spalancati dall’emozione.

    «Tadaaa! Sorpresa!» rispondo ridendo.

    Per un istante mi fissa, incredula. Poi corre verso di me e mi salta in braccio, ridendo e stringendomi forte. «Non ci posso credere! È incredibile, Cami

    «Te l’avevo promesso» le sussurro. «Saremmo tornati a Siena e questa volta sarebbe stato speciale.»

    Mentre lei saltella eccitata attorno alla mongolfiera, Carlo e Irina osservano la scena con sorrisi divertiti, ignari che la sorpresa sia anche per loro.

    «Venite» dico con un sorriso complice. «La sorpresa è anche per voi.»

    Irina si porta una mano alla bocca, gli occhi che brillano come quelli di una bambina davanti a un regalo inaspettato. Per un istante sembra quasi senza parole, poi sussurra: «Non ci posso credere… ho sempre sognato di volare in mongolfiera

    Carlo mi guarda, poi mi stringe in un abbraccio forte e sincero. «Camillo, questo incontro non può essere stato casuale.»

    E in effetti, guardandoli, mi viene da pensare che certe persone entrano nella nostra vita esattamente quando devono. Come se ci fosse una rotta già segnata, invisibile fino a quando non la si percorre davvero.

    Il pilota si avvicina, accompagnato da una donna.

    «Benvenuti! Io sono Marco e lei è mia moglie, Anna, che ci seguirà da terra con il furgone. Siete pronti per un’esperienza indimenticabile?»

    Veronika continua a saltellare dall’entusiasmo e Skippy, che fino a quel momento era rimasta nello zaino, continuamente sballottata dai suoi movimenti, decide di trovare un rifugio più stabile. Con un balzo mi atterra sulle spalle, sbuffando e guardando storto Veronika.

    Marco ride. «Direi che qualcuno apprezzerà la tranquillità del volo in mongolfiera

    A quelle parole, Skippy si assesta con aria solenne sulle mie spalle, come un piccolo comandante pronto per il decollo. Poi annuisce leggermente, come se avesse approvato l’idea.

    Ci scambiamo uno sguardo e ridiamo tutti insieme. L’attesa è finita.

    È ora di volare.

    “Ci sono sorprese che non si dimenticano perché non sono solo esperienze: sono promesse mantenute, sogni che prendono il volo.”

    Marco e Anna intenti a preparare il volo (foto leonardo.ai)

    Curiosità in volo

    Il bruciatore si accende con un soffio profondo, un respiro di fuoco che gonfia lentamente l’enorme pallone sopra di noi. L’aria calda solleva il tessuto pesante e la mongolfiera prende forma davanti ai nostri occhi, un colosso pronto a staccarsi da terra.

    Marco ci guida a bordo del cesto con la calma di chi ha fatto questa manovra centinaia di volte. «Tranquilli, non c’è nessuna sensazione di vuoto come sugli aerei. È un volo dolce, lento… più simile a galleggiare nell’aria.»

    Veronika stringe la mia mano, gli occhi ancora carichi di emozione. «Non ci posso credere, Cami. È perfetto.»

    Il fuoco ruggisce di nuovo sopra le nostre teste e poco dopo il cesto si stacca dal suolo con una leggerezza inaspettata. La terra si allontana, è una sensazione diversa da qualsiasi altro volo: non c’è velocità, nessuna cabina chiusa. Solo noi e l’aria aperta, il vento che accarezza il viso mentre la mongolfiera si solleva silenziosa.

    Le Crete Senesi si stendono sotto di noi come un dipinto immobile. Colline dai profili morbidi si susseguono a perdita d’occhio, interrotte solo da cipressi e stradine che sembrano tracciate a mano.

    Marco, con un sorriso soddisfatto, rompe il silenzio. «Sapete che la prima mongolfiera della storia volò con a bordo… una pecora, un’anatra e un gallo?»

    Irina alza un sopracciglio divertita. «Un equipaggio decisamente insolito.»

    «Era il 1783» continua Marco. «I fratelli Montgolfier volevano dimostrare che si poteva sopravvivere a un volo senza ossigeno, così testarono il pallone aerostatico con quegli animali. Dopo otto minuti di volo, atterrarono sani e salvi. Poco dopo tentarono con un equipaggio umano.»

    Veronika ride. «Quindi, tecnicamente, noi stiamo seguendo le orme di una pecora?»

    «Esatto.» Marco annuisce con un sorriso.

    Skippy, ancora accovacciata sulla mia spalla, inclina il musetto e osserva la cesta sotto di noi, scrutandola con attenzione. Dopo un attimo di riflessione, si sistema meglio e lascia andare un piccolo sbadiglio soddisfatto, come se avesse ufficialmente approvato il mezzo di trasporto.

    Una folata di vento sposta la mongolfiera, facendoci prendere velocità in una nuova direzione. La cesta oscilla appena e per un attimo sentiamo il cambiamento, come se il cielo stesso ci stesse indicando un’altra strada.

    Marco ci indica un piccolo borgo in lontananza. «Quello è Chiusure. Famoso per il pecorino e per l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, una delle più belle della Toscana. Un tempo era un punto di riferimento per i pellegrini sulla Via Francigena.»

    Un’improvvisa folata di vento ci spinge con dolcezza in un’altra direzione, facendoci sentire il cambio di rotta. Marco osserva il cielo per un istante, poi si volta verso di noi sorridendo. «Volare in mongolfiera è un’altra cosa rispetto all’aereo. Non c’è un motore per correggere la rotta, nessun controllo preciso sulla destinazione. Possiamo solo affidarci al vento e accettare il viaggio per come viene.»

    Si ferma un attimo, lasciando che le sue parole si depositino. «A volte nella vita è lo stesso. Non sempre abbiamo il controllo, ma possiamo scegliere come goderci il viaggio.»

    Irina gli prende la mano e lo osserva con affetto. «È una bella metafora.»

    Annuisco, mentre il cielo intorno a noi assume sfumature più calde. «Vale anche per la vita.»

    Skippy, ormai a suo agio, si accoccola meglio sulle mie spalle e lascia andare un piccolo sbadiglio soddisfatto. Sorrido tra me e me.

    Per lei, questo è solo un altro modo di volare.

    “In un volo in mongolfiera, come nella vita, non possiamo controllare tutto. A volte bisogna solo accettare di lasciarsi trasportare dal vento.”

    in volo sulle crete senesi (foto flight simulator 2024)

    Legami nel cielo

    Mentre la mongolfiera scende lentamente, Marco si assicura che siamo pronti. «Ora tenetevi forte ai bordi del cesto e piegate leggermente le ginocchia» ci spiega con calma. «L’atterraggio può essere morbido o con qualche rimbalzo, dipende dal vento. Niente paura, è normale.»

    Il cesto oscilla leggermente, e per un attimo ci prepariamo all’impatto. Poi, con un ultimo sobbalzo, tocchiamo terra.

    «Benvenuti a terra!» esclama Marco con un sorriso.

    Ci guardiamo intorno, come se dovessimo ancora realizzare la magia di ciò che abbiamo vissuto. Irina ha gli occhi lucidi, Carlo mi batte una pacca sulla spalla. «Camillo, non dimenticherò mai questo momento.»

    Dopo i saluti, torniamo verso l’auto, ancora immersi nei pensieri. Il viaggio verso l’agriturismo è silenzioso ma non è un silenzio vuoto. Ognuno di noi porta dentro il peso leggero di questa esperienza, di un incontro che, in poche ore, ci ha lasciato più di quanto avremmo immaginato.

    “Alcuni incontri durano poche ore ma il loro ricordo rimane per sempre, come un segno lasciato nel cielo.”

    Atterrati dopo uno splendido volo (foto flight simulator 2024)

    Un addio che è solo un arrivederci

    Torniamo in agriturismo con le prime luci del tramonto che avvolgono la campagna. Il tempo sembra essersi fermato, ma sappiamo che è già il momento di ripartire.

    Saliamo a recuperare le valigie. Carlo e Irina ci aspettano nel patio. Non servono molte parole: c’è quella consapevolezza silenziosa che a volte gli incontri più brevi lasciano le tracce più profonde.

    «Non potevamo farvi partire senza salutarvi» dice Carlo con un sorriso sincero.

    Veronika e Irina si stringono in un abbraccio lungo, mentre io e Carlo ci scambiamo una stretta di mano che vale più di tanti discorsi.

    «Grazie, Camillo. Mi hai ricordato che, anche se nella vita ho fatto tanto, ho sempre qualcosa di nuovo da scoprire.»

    Poi Carlo si china verso Skippy e, con un gesto affettuoso e solenne, le appunta sul petto una piccola spilletta dorata a forma di ali.

    «Ogni buon navigatore ha bisogno di un distintivo.»

    Skippy inclina la testa, osserva il regalo, poi scodinzola piano, come se avesse capito l’importanza del momento. Poi, con un gesto solenne, alza una zampina alla fronte in un piccolo cenno che assomiglia a un saluto militare, ringraziando Carlo a modo suo.

    Veronika la accarezza, sussurrando: «Ogni tappa ci lascia un nuovo souvenir.»

    Carlo ci osserva, poi si aggiusta la giacca e annuisce con un mezzo sorriso.

    «Ricordatevi, il vento porta sempre dove bisogna andare. Chissà, magari ci rivedremo prima di quanto pensiate.»

    Irina si avvicina a Veronika e, con un tono più intimo, le dice: «Spero davvero che un giorno ci rivedremo. Abbiamo ancora molto di cui parlare.»

    Lasciamo Carlo e Irina allontanandoci lungo la strada sterrata, con la sensazione che, in qualche modo, le nostre strade si incroceranno di nuovo.

    “Gli incontri più significativi non finiscono mai davvero: restano dentro di noi, come rotte pronte a incrociarsi ancora.”

    La spilletta di Carlo nuovo souvenir di Skippy (foto DALL-E)

    Verso la prossima tappa

    Ci dirigiamo verso l’aeroporto, le colline senesi che scorrono accanto a noi come un ultimo saluto. In auto c’è uno strano silenzio.

    Veronika rimane silenziosa, il viso ancora rivolto al paesaggio che scorre fuori dal finestrino. Ha le mani incrociate in grembo, strette come a trattenere qualcosa che non vuole lasciar andare. So che c’è qualcosa che la turba, ma lascio che i suoi pensieri restino sospesi, come la mongolfiera di poche ore prima.

    Anche Skippy, acciambellata sul sedile posteriore, muove appena la coda e tiene le orecchie basse, anche lei riflette su qualcosa.

    «Stavo pensando…» dico, cercando di ravvivare un po’ la situazione. «Domani ci aspetta il giro in elicottero all’Isola del Giglio. Ricordi che abbiamo prenotato per sfruttare il brevetto che presi tempo fa?»

    Veronika si volta verso di me, gli occhi che si illuminano un po’, anche se meno del solito. «Davvero? Sarà un’esperienza nuova. Non ricordavo.»

    Le mie parole sembrano passare in secondo piano per lei, ma colpiscono subito Skippy, che solleva le orecchie di scatto e mi fissa con sguardo acceso, già emozionata all’idea.

    «Direi che qualcuno qui è già carica» rido, mentre Veronika rimane silenziosa, il viso ancora rivolto al paesaggio che scorre fuori dal finestrino.

    Arrivati all’aeroporto, il Cessna 172 ci aspetta, pronto per il decollo. Il sole sta calando ed è il momento di lasciare Siena e puntare verso l’orizzonte.

    “Ogni partenza è anche una promessa di nuove scoperte.”

    Riassunto

    La nostra avventura a Siena e dintorni è stata più di un semplice viaggio: è stata un incontro che ha lasciato il segno. Nell’agriturismo sulle colline conosciamo Carlo e Irina, una coppia di viaggiatori con una storia incredibile alle spalle. Tra racconti di missioni umanitarie e voli in luoghi remoti, scopriamo in loro due anime affini, legate dal desiderio di scoprire il mondo senza perdere di vista ciò che conta davvero.
    Insieme passeggiamo per le vie di Siena, guidati dall’amore di Carlo per la città che lo ha formato. Ogni angolo nasconde una storia: dalla maestosità di Piazza del Campo alla sacralità della Basilica di San Domenico, fino alle rivalità del Palio che ancora oggi accendono le contrade.
    Ma la vera sorpresa è per Veronika: un volo in mongolfiera sopra le Crete Senesi, un sogno che si realizza mentre il sole cala e il paesaggio si tinge d’oro. In aria, Carlo e Irina si lasciano trasportare dall’emozione, mentre il vento ci regala un’ultima lezione: non sempre possiamo controllare la rotta, a volte dobbiamo semplicemente lasciarci guidare.
    Il nostro viaggio riprende ma con una consapevolezza nuova. Gli incontri non sono mai casuali e ogni tappa ci lascia qualcosa. Skippy, con la sua spilletta dorata donata da Carlo, ne è la prova vivente: ogni piccolo gesto può trasformarsi in un ricordo prezioso. Ora è tempo di partire verso nuove destinazioni portando con noi ciò che Siena ci ha regalato.