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Omaggio a Leonardo.
Diario di Volo
Da Firenze a Pisa. Questo volo ci ha portati attraverso secoli di storia e paesaggi senza tempo. Prato e la sua tradizione tessile, Vinci e il sogno del volo di Leonardo, Lucca con le sue mura perfette e la Piazza dell’Anfiteatro, fino all’arrivo a Pisa, dove la Torre Pendente ci accoglie sotto un cielo stellato.
Ogni città ha raccontato la sua storia, ogni luogo ci ha offerto un nuovo punto di vista. Ma più di tutto questo viaggio ci ha ricordato che guardare il mondo dall’alto non è solo un modo di volare, ma di scoprire.
Punti di interesse sorvolati
da Firenze a Pisa
Decollo da Firenze: un ultimo sguardo alla città
In aeroporto il Cessna 172 ci attende sulla piazzola, pronto per il prossimo volo. Salire a bordo, rullare in pista, sentire il motore vibrare sotto le mani: un rituale che sta diventando naturale, fluido come il volo stesso.
L’autorizzazione dalla torre, un cenno d’intesa tra me e Veronika, il rombo del motore riempie la cabina e, in pochi istanti, siamo di nuovo in volo. Le ruote lasciano terra con leggerezza mentre Firenze si distende alla nostra destra, avvolta in quella luce dorata del tramonto che la rende quasi irreale.
“Non sembra vero di aver fatto così tante cose in un solo giorno” mormora Veronika, osservando la Cupola del Brunelleschi in lontananza. Resta in silenzio per un istante, poi sorride. “Chissà come la vedremo la prossima volta.”
“Firenze non cambia, siamo noi a vederla con occhi nuovi ogni volta che torniamo.”

Sorvolo di Prato
Poco dopo Prato compare all’orizzonte: un intreccio ordinato di tetti e mura antiche. Io mantengo la rotta mentre Veronika, con la guida della Toscana aperta sulle ginocchia, alterna lettura all’osservazione fuori dal finestrino con la sua solita espressione attenta.
“Guarda laggiù” dice, indicando con la mano. “Qui parla del Castello dell’Imperatore… uno dei pochi di origine sveva in Italia. Lo fece costruire Federico II per consolidare il suo dominio sulla Toscana.”
“Svevo?” chiedo, cercando di ricordare bene il termine.
“Sì!” Veronika annuisce. “Venivano dal sud della Germania, gente pratica e senza troppi fronzoli. Se i castelli toscani sono eleganti signori rinascimentali con la barba curata, questi sono guerrieri con la mascella quadrata e la spada in mano. Pietra, linee dritte, funzionali e massicci, niente orpelli inutili.”
Skippy gonfia il petto, si mette in posa da guerriera sveva, poi guarda le sue zampette corte… e sospira rassegnata. La scena, più buffa che minacciosa, ci strappa una risata.
“Come un pezzo di Germania trapiantato in Toscana, quindi” commento, lanciando un’occhiata giù. Il Castello spicca per la sua forma geometrica e massiccia, un contrasto netto con il resto della città.
“Ma non c’è solo questo” aggiunge Veronika, scorrendo le righe della guida. “Prato ha sempre trasformato tessuti: prima con la lana rigenerata, oggi con il riciclo all’avanguardia.”
“Economia circolare prima che fosse di moda” osservo con un sorriso.
“Esatto!” ribatte lei, scattando una foto del panorama. “Chi lo avrebbe detto che da questa città partivano tessuti per tutta Europa?”
Nel frattempo Prato scorre sotto di noi e il Castello svanisce dalla vista, lasciando il posto alle colline morbide del Montalbano, distese tra vigneti e oliveti.
“Prato è sempre stata all’avanguardia: un tempo capitale del tessile, oggi esempio di economia circolare. Un’arte che trasforma e rinnova senza mai dimenticare la propria storia.”

Omaggio a Vinci: il volo del genio
Per superare le colline devo guadagnare quota: accelero leggermente e il Cessna 172 risponde con un ronzio più intenso. È un passaggio che ho già fatto ma ogni volta avverto quella sottile pressione alle orecchie che mi ricorda quanto velocemente stiamo salendo. Un paio di deglutizioni e il fastidio si scioglie, lasciando spazio solo alla meraviglia del panorama.
Superate le colline, Vinci ci accoglie sotto un cielo che sfuma nel viola. Sotto di noi il borgo appare piccolo e solenne con le luci dei lampioni già accese.
“Guardate” dico indicando il borgo che si svela tra i rilievi. “Eccola lì: Vinci. Veronika la ricordi?”
Lei abbassa la fotocamera e sorride. “Come potrei dimenticarla? Il nostro weekend in moto… Le stradine strette, il museo. Era come se Leonardo fosse ancora lì a osservare ogni visitatore.”
Lascio che lo sguardo si perda tra i tetti del borgo. Questa è la sua terra, il punto da cui tutto ha avuto inizio.
“La casa natale di Leonardo, piccola e solitaria tra le colline, aveva una finestra spalancata sulla sua ispirazione: la luce che mutava col giorno, il vento che accarezzava gli ulivi, gli uccelli che si libravano nel cielo. Bastava affacciarsi per capire da dove fosse nata la sua ossessione per il volo.”
Veronika sfoglia nuovamente la guida che tiene sempre sulle ginocchia. “Dice che Leonardo studiava gli uccelli fin da ragazzo, cercando di capire come riuscissero a sfruttare l’aria.”
Mi illumino. Leonardo non è mai stato solo un nome sui libri per me. È stato una scoperta continua, un’ispirazione senza tempo.
“Sì” rispondo con entusiasmo. “Da bambino ho letto e visto di tutto su di lui. Era ossessionato dal volo. Disegnava ali meccaniche, alianti e persino la vite aerea, un prototipo di elicottero. E pensa: tutto questo nel 1400. Parlava di resistenza dell’aria, di profili alari… stava costruendo il futuro senza nemmeno saperlo.”
Veronika osserva il borgo sotto di noi, quasi ipnotizzata. “Era avanti di secoli.”
“Molto più di un inventore” aggiungo, completando un primo giro sopra Vinci. “Leonardo non vedeva il volo solo come scienza ma come un sogno, una libertà conquistata. Ha scritto che ‘chiunque proverà il volo camminerà sulla terra con lo sguardo rivolto al cielo, perché là è stato e là desidererà tornare’. Non era solo ingegneria, era poesia.”
Un ultimo passaggio su Vinci, quasi un saluto al genio che sognava il volo prima che fosse realtà.
Davanti a noi i lampioni disegnano un sentiero luminoso nel crepuscolo, una linea perfetta che sembra indicarci la rotta.
“Guarda” dico a Veronika, indicando la strada che si distende sotto di noi. “È come se ci stesse mostrando la via.”
Lei segue il tracciato con lo sguardo, osservandolo dissolversi verso l’orizzonte, dritto e deciso. “E punta esattamente verso Lucca.”
Allineo il Cessna alla sua traiettoria, lasciando che la strada diventi il nostro riferimento naturale. Come se, da Vinci, il viaggio fosse già stato tracciato.
Davanti a noi Lucca ci aspetta, pronta a raccontarci la sua storia.
“Leonardo non si limitava a sognare il volo, cercava di capirlo. Ogni grande invenzione nasce prima da un’idea, poi dalla volontà di trasformarla in realtà.”

L’approdo a Lucca
Lucca, con nostra meraviglia, appare come un’isola incastonata tra i tetti rossi della Toscana, un gioiello sospeso nel tempo, protetto dal suo anello perfetto di mura cinquecentesche. La Lucca antica dall’alto, con la sua forma chiusa e compatta, si distingue da tutto il resto, come un mondo a sé.
“Guardala, sembra un’isola!” esclamo in cuffia mentre riduco la velocità per godermi la vista.
Veronika, immersa nella lettura della guida, annuisce. “Dice che queste mura sono tra le meglio conservate d’Italia. Un tempo servivano a difendere la città, oggi sono un parco dove la gente passeggia, corre e va in bicicletta.”
Osservo la cintura verde che abbraccia Lucca, perfetta nella sua geometria. “Un parco su una fortificazione… Leonardo avrebbe approvato.”
Quando siamo ormai prossimi al sorvolo, Veronika si ferma su un paragrafo e inclina leggermente la testa.
“Aspetta… qui dice che nel cuore della città c’è una piazza ovale, costruita esattamente sul perimetro di un antico anfiteatro romano. Ora è circondata da edifici che ne rispettano la forma.”
Chiude la guida e scruta la cittadina che ora scorre sotto di noi.
“Deve essere da qualche parte qui sotto…”
Riduco ancora la velocità, lasciandole il tempo di cercarla mentre eseguo una lunga virata sul centro cittadino. I vicoli si susseguono, le piazze si aprono e si chiudono tra i palazzi, fino a quando…
“Eccola!” esclama all’improvviso, puntando il dito con entusiasmo.
Sotto di noi un’ellisse perfetta si incastona nel tessuto urbano, come un’orma lasciata dal passato. I contorni dell’antico anfiteatro romano sono ancora lì, scolpiti nella città.
“Piazza dell’Anfiteatro” dice, riconoscendola subito.
Osservo la sua forma e penso che un tempo riecheggiava delle voci della folla, degli spettacoli pubblici, delle celebrazioni, mentre oggi è un luogo di incontri e di vita.
Veronika osserva rapita la piazza che si apre sotto di noi.
“Deve essere bellissimo vederla da terra.”
Sorrido. “Lo sarà. Ti prometto che, una volta finita questa nostra avventura, ci torniamo insieme.”
Lei si volta verso di me con un sorriso che dice tutto.
“Ci conto.”
Dopo un paio di volteggi sulla città puntiamo il muso verso il fiume Serchio lasciando che ci guidi verso la prossima meta.
Veronika si appoggia allo schienale, soddisfatta.
“Vista così, l’Italia sembra ancora più bella.”
“Lucca è un’isola nel tempo, un luogo che ha saputo custodire la sua storia tra mura perfette e piazze che parlano del passato.”

L’incanto di Pisa
Dopo un tratto di volo lineare e rilassante, che ci permette di imprimere nella mente ciò che abbiamo vissuto finora, all’orizzonte si accende Pisa. Le sue luci brillano come gemme nella notte, ma è la Piazza dei Miracoli a catturare i nostri sguardi. Avvolta nel suo alone dorato, emerge come un faro, distinta dal resto, perfettamente consapevole di essere il cuore di questa scena.
“Non è uno spettacolo?” chiedo indicando la piazza.
Veronika si sporge leggermente, la fotocamera già pronta. “Perfetta. Vederla così, dall’alto, la rende ancora più incredibile.”
“Abbiamo fatto bene a scegliere questo orario” aggiungo con un sorriso. “È il momento perfetto per ammirarla.”
Scivoliamo lentamente sopra la piazza, lasciandoci avvolgere dalla sua bellezza. La Torre Pendente, il Duomo di Pisa e il Battistero di San Giovanni brillano come sculture sospese nel tempo, le ombre si allungano sulle lastre di marmo, scolpendo i dettagli come un dipinto vivo. Sono lì da secoli, testimoni silenziosi di storie che ancora riecheggiano tra queste mura.
Per un attimo restiamo in silenzio, immersi nel panorama. Solo ora ci accorgiamo che qualcosa è insolito.
“Aspetta un attimo…” mormora Veronika, voltandosi verso il sedile posteriore. “Skippy è troppo silenziosa.”
Ci scambiamo un’occhiata. Fino ad ora non ce ne eravamo resi conto, rapiti dal paesaggio.
Mi giro e la trovo rannicchiata sul sedile, immersa in un sonno profondo. Il respiro lento, gli occhialoni scivolati sul muso, l’aria di chi ha combattuto eroicamente contro la stanchezza… e ha perso.
Veronika sorride con tenerezza, sfiorandole appena il pelo. “Si è addormentata senza che ce ne accorgessimo.”
Mi scappa una risata. “Credo che la giornata l’abbia messa KO.”
Skippy, che di solito osserva tutto con l’entusiasmo di un’esploratrice, stavolta si è lasciata cullare dal volo, dalla voce calma della radio, dal battito regolare dei pistoni dell’aereo. Forse, penso, è il modo in cui ci dimostra che si fida di noi, sapendo che qualunque sia la meta ci arriveremo insieme.
“Nessun problema” sussurra Veronika, “Vedrà tutto tra poco, anche se da terra.”
Torniamo a osservare la città, lasciando dormire beatamente la piccola esploratrice. La Torre Pendente si mostra in tutta la sua inclinazione impossibile, sfidando le leggi della fisica, eppure, contro ogni previsione, è rimasta in piedi per secoli diventando il simbolo di un’intera città.
“Sai che Galileo Galilei è nato qui?” dice Veronika, leggendo dalla guida.
“Non lo sapevi l’altra volta?” chiedo, imbarazzato e divertito.
“No!” risponde sorridendo. “È colpa tua che non mi dici le cose!” scherza colpendomi con un pugno leggero la spalla destra, poi aggiunge: “Dice che fece i suoi esperimenti proprio dalla Torre Pendente, facendo cadere oggetti per studiare la gravità.”
Mi fermo un istante a immaginare la scena: la piazza silenziosa, l’aria ferma del mattino, un uomo che lascia cadere due sfere dalla cima della Torre, sfidando le credenze di un’epoca intera.
“È strano pensare che da qui siano nate scoperte che hanno cambiato il mondo.” conclude.
“A Pisa la scienza ha sfidato la gravità e la storia ha lasciato un segno indelebile. Ogni pietra racconta una scoperta, ogni ombra conserva un’idea.”

Atterraggio
Appena le ruote toccano terra, dalla cabina si sente un lungo sbadiglio. Skippy si stiracchia come un gatto, gli occhialoni scivolano sul muso, poi ci guarda con lo sguardo di chi non ha ancora capito in che anno siamo.
Skippy solleva il musetto con aria confusa e spettinata, gli occhialoni scivolati di lato sulla testa. Ci guarda con uno sguardo stralunato, come se cercasse di capire dove si trova.
Veronika ride e le passa una mano sulla testa. “Sei sveglia, dormigliona? Tra poco vedremo la Torre Pendente.”
Skippy inclina la testa, sbattendo le palpebre come se la parola non avesse alcun senso per lei.
“Torre? Che torre?” sembra chiedere con lo sguardo.
Io e Veronika ci guardiamo per un attimo… poi scoppiamo a ridere.
Skippy sbatte le palpebre, confusa, poi lancia un lungo sospiro teatrale. Con una lentezza esasperata si sistema gli occhialoni, si stiracchia con la dignità di un’eroina stanca… e crolla di nuovo a dormire.
Fuori l’aria è fresca e Pisa si distende sotto un cielo trapunto di stelle. Il Cessna 172 riposa in piazzola, ma la città è ancora sveglia, pronta a regalarci un’ultima sorpresa.
“Ogni atterraggio segna la fine di una rotta ma l’inizio di una nuova avventura. E Pisa, sotto il cielo stellato, ci promette ancora una notte da ricordare.”
Riassunto
Questa nuova tappa inizia con l’ultimo sguardo su Firenze che si allontana sotto le ali del Cessna.
Poco dopo il decollo sorvoliamo Prato, città di tessuti e innovazione, dove il Castello dell’Imperatore si distingue per le sue linee severe, scopriamo la lunga tradizione della rigenerazione della lana, un’economia circolare nata secoli prima del suo nome moderno.
Poi il cielo sopra Vinci ci accoglie con una luce dorata, rendendo il passaggio sopra la terra di Leonardo un omaggio naturale al genio che sognava il volo prima che fosse possibile. Ogni collina e ogni campo raccontano di un bambino che osservava il cielo, immaginando macchine capaci di sfidare la gravità.
Quando appare Lucca la sua perfetta forma ellittica sembra emergere come un’isola tra i tetti della Toscana. Le mura rinascimentali la proteggono ancora oggi, trasformate in un grande parco sospeso nel tempo. Sorvoliamo la città riconoscendo la Piazza dell’Anfiteatro, un’antica arena romana divenuta il cuore pulsante della vita cittadina.
Infine l’arrivo a Pisa è un’immersione nella magia della notte: la Piazza dei Miracoli, illuminata, si distingue come un faro dorato nel buio con la Torre Pendente che sembra fluttuare nel tempo. Galileo un tempo l’ha usata per dimostrare la gravità, oggi noi la osserviamo come simbolo di equilibrio e resistenza.
Tra storia, paesaggi e la meraviglia del volo, questa tratta ci ha mostrato ancora una volta che ogni viaggio non è solo una distanza percorsa ma un susseguirsi di scoperte e nuove prospettive.
verso nuove storie da raccontare.